L'Outsider by Frederick Forsyth

L'Outsider by Frederick Forsyth

autore:Frederick Forsyth [Forsyth, Frederick]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: Fiction, General
ISBN: 9788852068065
Google: 7lKOCgAAQBAJ
editore: Mondadori
pubblicato: 2015-09-28T23:00:00+00:00


ADDIO, ZIETTA

Tom Maltby era una gran brava persona. Durante la guerra era stato nella marina e aveva combattuto, ma non se ne vantava mai. Sapeva esattamente cosa era successo alla mia carriera nella BBC e perché. Cercai di spiegarglielo comunque.

Dalla Nigeria, io avevo raccontato solo quello che avevo visto oppure quello che mi era stato riferito, ma sempre con l’immediata indicazione della fonte. Dove stava la parzialità? Mi spiegò che mi sfuggiva il punto essenziale.

Quello che avevo fatto, mi disse, col tono con cui si parla a un nipote birichino, era stato contraddire l’Alto commissariato a Lagos, Sir Gaville Garner, il funzionario capo del Commonwealth Service (e quindi il governo britannico), il World Service della BBC e Mr Hutchinson.

Ma erano tutti infatuati della prima analisi, quella viziata, protestai. Viziata o meno, la loro è l’unica analisi accettabile, mi fece notare. E poi aggiunse una considerazione che mi trattenne dal rassegnare subito le dimissioni.

«Dipende tutto dalla durata» disse. «Se questa guerra che doveva durare dieci giorni, due settimane al massimo, dovesse proseguire, diciamo, per sei mesi, dovranno ricredersi.»

C’era una logica, e lui poteva aver ragione. Se l’insurrezione dei biafrani fosse fallita entro breve, l’analisi dei funzionari si sarebbe dimostrata esatta, seppur tardivamente. E la mia previsione sul fatto che quella non era una tempesta in un bicchier d’acqua si sarebbe dimostrata sbagliata.

Per evitare di vedermi ciondolare col muso lungo per la redazione, suggerì di trasferirmi alla redazione parlamentare alla House of Commons. Il corrispondente politico, Peter Hardiman Scott, aveva un posto vacante come assistente. E così nell’ottobre del 1967 mi trasferii lì.

Era un ufficio piccolo e tranquillo e i cinque mesi in cui rimasi lì mi insegnarono molte cose su come è governato il nostro paese, ma spazzarono via molte illusioni sui meriti di parlamentari e Pari. E servirono a tenermi lontano dal covo di vipere della Broadcasting House, dove cricche rivali si contendevano potere e influenza. Poi, nel febbraio del 1968, accadde una cosa che mi fece cambiare idea.

Nel frattempo, la guerra civile in Nigeria non si era conclusa, e la situazione non era migliorata. Anzi, era peggiorata. Il governo di Lagos aveva istituito la leva obbligatoria e ingrossato enormemente le file del suo esercito che veniva segretamente rifornito da un flusso incessante di armi inglesi, spedite di nascosto dal governo Wilson, il quale continuava a professarsi assolutamente neutrale.

Ma i biafrani non si erano arresi. Tutt’altro. Prima della secessione Ojukwu aveva messo tutte le riserve finanziarie della regione orientale al riparo dalle grinfie di Lagos e stava accrescendo il numero e l’equipaggiamento dei suoi soldati sul mercato nero internazionale. Il Biafra aveva anche istituito un ufficio di rappresentanza a Londra e assunto un’agenzia perché si occupasse dei rapporti con i media.

Si era inoltre assicurato il permesso della Spagna a usare la colonia sull’isola di Fernando Pó come base provvisoria e il consenso del Portogallo a usare l’isola di São Tomé sempre per lo stesso scopo. Non era più isolato. In febbraio il Biafra organizzò una visita per i giornalisti. Accettarono



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